giovedì 10 marzo 2011

La sbranattola velenosa e il fanculino di montagna. Manifestazioni oniriche del risentimento dell'umanità nei miei confronti.

Faccio un sogno. Sogno Anna. Siamo in montagna, sulle Dolomiti. Percorriamo uno stretto sentiero in salita. Alla nostra sinistra si erge una poderosa bastionata di roccia, altissima, leggermente strapiombante, tanto che sembra innalzarsi all’infinito sopra le nostre teste. A destra la parete prosegue in un profondo dirupo che precipita a valle per centinaia di metri. In fondo si intravede un laghetto sulle cui acque si riflette la luce del sole. Visto da qua sembra una pozza di mercurio liquido. Mi sembra anche di scorgere delle vacche al pascolo anche se non sembrano propriamente delle vacche. E’ una bella giornata di settembre, limpida, cristallina. Il cielo è così terso che a nord si possono vedere le cime innevate del Großglockner in Carinzia. L’aria è frizzante e pizzica leggermente le narici. Anna cammina davanti a me con passo costante e deciso. Ogni tanto si ferma e beve un sorso d’acqua dalla borraccia della Petzl che ha fissato con un cordino allo spallaccio dello zaino. Vista da dietro sembra ancora più bella. Ne ammiro il fisico perfetto, il sedere tornito e le lunghe gambe atletiche.
Da parte mia non mi sento in gran forma. Sono stanco e fatico a tenerle dietro. Vorrei raggiungerla, toccarla, ma per quanto mi impegni non riesco a colmare lo svantaggio. Improvvisamente una raffica di aria gelida spazza il sentiero facendo sollevare la polvere di dolomia. Un brivido di terrore si scarica lungo la spina dorsale.
“Lo sai cos’era?” Dice lei senza voltarsi.
“Cosa?”
“Era un fanculino di montagna. Sono molto rari sai? O forse no. Nessuno ne ha mai visto uno in realtà. Sono troppo veloci. Si può solo intravedere una scia, percepire lo spostamento d’aria che si crea al loro passaggio.”
“Anna, di che cazzo stai parlando?”
“Sono buoni o almeno si presume che lo siano. Te lo ripeto nessuno è mai riuscito a vederne uno. Sono assurdamente veloci. Dei fanculrazzi.”
“Anna Fermati ti prego! Sono morto e mi sembra di avere due tombini attaccati alle suole delle scarpe.”
“Non possiamo fermarci. Non adesso e non qui. E’ pericoloso. Se quello era un fanculino vuol dire che ci sono anche le sbranattole. Le sbranatole vanno pazze per i fanculini di montagna. E quelle non sono buone. Nossignore quelle sono cattivissime e in più sono anche velenose”
“Anna porcaputtana, piantala di delirare e fermati! Sto a pezzi!”
“No amore mio non possiamo, a meno che tu non voglia essere… sbranato da una sbranattola.”
A questo punto Anna si ferma un attimo ed emette una risata che non potrei definire in altro modo se non… siderale, aliena. Inizio ad avere un po' di paura.
“Amore mio bello non possiamo assolutamente fermarci qui. Dobbiamo andare avanti. Dobbiamo
arrivare lassù” E indica con il dito una remota guglia che sembra essere sbucata assolutamente dal nulla.
E’ tutto così strano. Il cielo blu cobalto sembra finto. Un fondale dipinto. Sento una specie di pigolio provenire dal fondo dela valle.
“Corri amore corri! Stanno arrivando. Le sbranattole ci hanno sentito. Sono affamate. Sono sempre affamate. Corri amore corri che sennò ti mangiano.”
Adesso ho veramente paura. Terrore allo stato puro. C’è qualcosa di totalmente sbagliato qui. Anna odia la montagna. Odia camminare e non capisce assolutamente niente di fauna alpina. Questo posto non è reale e il cielo è fintissimo.
“Anna mi stai spaventando. Dico sul serio cazzo. Fermati un attimo. Fermati ti prego. Noi non dovremmo essere qua. Questo è solo un sogno bizzarro”.
E finalmente Anna si ferma e si gira verso di me. La prima cosa che vedo sono le zanne, incredibilmente lunghe e giallastre, che le fuoriescono da una specie di bocca che potrebbe essere meglio definita come un enorme buco di culo dentato.
Anna ride ancora e mentre ride spalanca le orrende fauci dalle quali cola una bava color mestruo.
“Amore mio bello, questo non è un sogno. Questo è il mondo reale. Finalmente sei tornato fra noi. Hai passato troppo tempo in quella specie di simulazione virtuale che chiami vita. Fuga dalla realtà. Un classico per le merde come te sfuggire alle proprie responsabilità nascondendosi nella tana del bianconiglio. Ma ora sei tornato a casa. Finalmente si mangia, stronzo!”
Anna si avventa su di me e mi assesta un poderoso calcio nelle palle che mi solleva da terra e mi scaglia oltre il sentiero. Oltre il sentiero c’è il nulla. Cado per metri, centinaia di metri, forse qualche chilometro e mi schianto in fondo al burrone. Non si capisce il perché di tutto questo ma non sono morto. Il laghetto è veramente una pozza di ribollente mercurio liquido e le vacche non sono delle vacche. Capisco finalmente come è fatta una sbranattola. Ha i denti di metallo e puzza.

mercoledì 16 febbraio 2011

Chelsea Hotel

I cambiamenti sono tutti repentini e subdolamente improvvisi. Non vi è gradualità, nessuna sfumatura. Si passa dal bianco al nero in una frazione di secondo. I duecentocinquantasei toni di grigio non sono contemplati. E' così che va. Succede tutto all'improvviso. Un sabato sera come mille altri. I soliti amici, la solita festa dove suonano i soliti dj. Ci sono tutti. Un rito. Sono vent'anni che ti diverti così. La solita sottomarca di birra spinata in bicchieri di plastica che costa 4 Euro. Il cuba libre ne costa 6, ma siccome conosci le bariste ne prendi due al prezzo di uno.

Wee, come va? - Bella Vez - Novità? - Hai una sigaretta? - Abiti sempre in campagna? - Compriamo delle droghe? - Domani facciamo una grigliata? - Sei dimagrito? - Questa estate andiamo al Sonar? - Ti sei fidanzato? - Domani vieni alla manifestazione contro Berlusconi? - Mecoledì mattina c'è un after che spacca - Ho bisogno di te per organizzare una festa - Sono tre giorni che sono in dritta - Lo sai che assomigli ad Alberto Fortis? - Dai! dai! dai! Stappa un crodino! - Ho smesso di fumare - Sono intrigata da Scientology - Ci facciamo un cicchetto? -

Ma questo sabato sera è diverso. Ti senti strano. Stai li a fumare una sigaretta e ti guardi intorno. Ti senti addosso una stanchezza millenaria. Perchè non sei rimasto a casa? C'era la maratona di Ultimate Survival con Bear Grylls su Discovery Channel. Stasera qui non può accadere assolutamente nulla. Se atterrasse un extraterreste probabilmente non lo noterebbe nessuno. Al massimo lo scambierebbero per Dj Topo.

Il party langue, c'è un ragazzetto ai piatti. Mette roba brit pop, sound da Covo Club. Nessuno è veramente coinvolto. Stanno tutti attorno al bancone del bar a bere. Poi sale in cattedra il Maestro. Attacca con Blister in the sun dei Violent Femmes. Hai sempre odiato quel pezzo. Sta al terzo posto della classifica dei pezzi che più ti fanno schifo subito dopo Panic degli Smiths e Stop that train di Keith e Tex. Alle prime note la pista si riempie. Come furetti imbizzarriti, i quarant'enni si lanciano in vorticose danze. Saltellano, fanno piroette, alcuni improvvisano un blando pogo. Il Maestro ha fatto centro di nuovo.

E di colpo capisci una cosa: non è più il tuo tempo. Ti assale un terrore che in breve si trasforma in panico. Sai benissimo che fra uno, due, dieci pezzi arriverà quello che inizierà a farti battere il piedino, che sti spingerà a lanciarti in quell'ordalia di danze come un elfo impazzito. Ti rimane solo la fuga, il ripiegamento, la ritirata strategica per uscire dignitosamente di scena.
Ma si avvicina una ragazza. La conosci o forse no. Comunque sia lei sorride convinta ed attacca: “Ciao, mi chiamo Francy. Mi piacciono i Gossip e i cuccioli di foca. Ho partecipato ad un flash mob e poi sono andata alla Feltrinelli alla presentazione del libro di Fabio Volo. Tu non puoi capire quanto io ADORI Marco Travaglio, mi basta vederlo in tv e mi sento già incinta. Vieni con me a vedere l’ultimo film di Özpetek?”
Tu rispondi: “Accidenti non posso! Devo correre a casa a postare le foto del mio malleolo su Twitter”.

Esci, accendi un'altra sigaretta. Vedi un tizio che punta nella tua direzione con un gran sorrisone. Fai finta di non notarlo e ti dilegui nel vialetto che porta all'entrata del locale.
"Uella vecchio! Chessidice?". Senza neanche voltarti alzi la mano destra e fai un cenno col pollice in alto. Sbuchi in una stradina buia. Fa freddo. Freddo umido per la precisione. Passa una macchina, rallenta. Si abbassa il finestrino e si affaccia un tizio. Porta dei finti Rayban a specchio.

"Emoc is avirra la MURDER?"
"Itnava ottird iop arig a artsed." Gli rispondi mandandolo esattamente nella direzione opposta.

In fondo alla strada scorgi un'insegna al neon. Pulsa di una luce rossastra che ha intervalli regolari alterna le scritte BAR e APERTO.
Dentro ci sono 4 tunisini che discutono ad alta voce. Bevono Moretti da 66 cl.
Ad un altro tavolo ci sono tre pensionati che giocano a scala 40. Bevono vino bianco allungato con acqua frizzante. Il barista è cinese.

"Un caffè e una grappa, bianca per favore."
"Un caffè colletto glappa?"
"No. Un caffè e una grappa bianca a parte, in un bicchiere... a parte."
"Avele solo glappa Julia" dice il barista abbassando gli occhi con fare convincentemente dispiaciuto.
"Va bene, va bene".

In fondo al bar c'è una grande tv. E' sintonizzata su Rai4. Danno una sorta di documentario imperniato sul Chelsea Hotel di New York. E' in inglese con sottotitoli in italiano. La telecamera segue un vecchietto dall'aria stanca e sconfitta mentre attraversa i corridoi del celebre albergo newyorkese. Il vecchio entra in una stanza e rivolto alla telecamera dice "Qui Schnabel ci dipingeva". Poi entra in un'altra camera e indicando una vecchia foto in bianco e nero appesa sul muro rantola: "Questo ero io con Bob Dylan e quella pazza di Janis Joplin. La foto la scattò Leonard Cohen"

 La sequenza va avanti ancora per qualche minuto. Il vecchio imperterrito sale scale, apre porte, cita i bei tempi, la magia di quel posto quando era il dormitorio per tutti gli artisti e bohémien che transitavano dalla Grande Mela. Cita Arthur C. Clarke, Dylan Thomas, Sid Vicious, Robert Mapplethorpe, Andy Warhol. Alla fine, colto da un attacco di tosse, si siede su una poltrona logora per riprender fiato. Guarda la telecamera con aria triste, china la testa e inizia a singhiozzare. Ripete una, due, tre volte: "Ho fatto degli errori". Poi, guardando fisso in camera, tu e il vecchio sospirate all'unisono: "PAGHERO' PER I MIEI ERRORI."



venerdì 4 febbraio 2011

Miti e leggende delle Dolomiti (patrimonio mondiale dell'umanità)




FURTO DI LEGNA
Nelle valli agordine rubare la legna era considerato atto spregevole ed infame, paragonabile al furto di cavalli nel vecchio West. D'altronde gli inverni rigidissimi rendevano il combustibile merce preziosissima quasi quanto la polenta. Per smascherare i ladri era uso inserire nelle cataste alcuni ceppi contenenti una piccola quantità di polvere da sparo. L’incauto lestofante che si macchiava del vigliacco crimine, oltre che ritrovarsi la cucina economica devastata dall’esplosione, veniva, in seguito al botto, prontamente individuato e malmenato seduta stante dall’intera comunità.


Il basilisco, questo orrendo mostro mortifero è fulminato dalla sua propria immagine.
Il BASILISCO
Alle pendici del Monte Pizzocco è diffusa la leggenda del basilisco. Metà rettile e metà gallina, la temuta chimera è dotata di affilati denti uncinati mediante i quali è solita addentare i glutei di sfortunati viandanti che, colti da repentina necessità, si accovacciano ai margini del sentiero per espletare le funzioni corporali. Il Secondo alcune credenze il suo venefico morso può indurre un gallo a deporre le uova.

IL CLINTO
Il Clinto, unica vite coltivata nel bellunese per la sua resistenza al gelo, produce un vino aspro e dalla intensa colorazione violastra dovuta all’elevata tannicità degli acini. Mia nonna era solita immergervi i conigli nati col pelo bianco e gli occhi rossi (ritenuti portatori di sventura e carestia) affinché acquisissero una livrea violetta. In questo modo riusciva a venderli al mercato spacciandoli per un’improbabile razza da lei denominata Rubizzo Istriano.

IL ROLO
Il ROLO è un antico gioco che consiste nel far rotolare un uovo giù da uno scivolo di sabbia cercando di colpire e possibilmente incrinare l’uovo dell’avversario. Tal Bebi Monego di Lentiai, campione indiscusso della specialità dal 1937 al 1954, per sbaragliare gli avversari era solito aggiungere al mais con cui nutriva le galline, della limatura di ferro in modo che queste deponessero uova dal guscio pressoché indistruttibile.

AMY WINEHOUSE
Pochi sanno che Amy Winehouse, al secolo Amanda Enoteca, nasce il 14 settembre 1983 a Sospirolo. Fin dall’infanzia manifesta una spiccata propensione per le grappe di nonno Ottavio e per il canto. Ne farà le spese mio cugino Giustino che nel 1989, nonostante una dignitosissima interpretazione del Topo Zorro, sarà sconfitto da Amy alle selezioni provinciali dello Zecchino D’oro. Lei cantava Tippy il coniglietto hippy.
Nonostante una superba performance, Giustino Balcon uscì sconfitto dall'imapri sfida con la giovanissima Amy Winehouse
Un indispettito Giustino Balcon cerca di zittire la giovane Amy  Winehouse ormai prossima al trionfo alle selezioni del 1989 dello Zecchino d'Oro tenutesi presso la Polisportiva di Sedico-Bribano.


LO SPIZ VEDANA E SAN LUCANO
San Lucano, dopo aver liberato l’omonima valle dal flagello delle vipere cornute, si rifugiò sull’aguzza cima dello Spiz Vedana, ben deciso ad abbandonare il mondo degli uomini per un’esistenza di pura ascesi. Rimase per 5 anni in equilibrio su una sola gamba sull’appuntita vetta finchè un infausto giorno scivolò, impalandosi irrimediabilmente. Lo Spiz Vedana da allora è conoscito anche come la Gusela di San Lucano.

FILU ‘E FERRU
Nel 1964, di ritorno da una vacanza in Sardegna, i nipoti portarono a Quinto Bortot, noto distillatore di acquavite di contrabbando della piana di Prapavei, una bottiglia di Filu‘e Ferru. Il vecchio l’assaggiò, ringraziò e si avviò lieto verso il torrente Gresal munito di retino. Versò il distillato nelle fresche acque del torrente ed attese più a valle in prossimità di una strozzatura che le trote, inscimmiottite dal torcibudella, saltassero letteralmente dentro la reticella. Tale tipo di pesca è ancora in uso, anche se per motivi di praticità viene abitualmente effettuata con la candeggina.

FRATI GAUDENTI
I ROMITI erano una congrega di frati francescani che nel 1720 fondò un eremo sul Monte Froppa. L’ordine fu soppresso da Napoleone nel 1810 perchè ritenuto eretico e lussurioso. Unica colpa dei cenobiti era di integrare la misera dieta del tempo con cospicue dosi di Psilocybe Semilanceata fungo allucinogeno assai diffuso nella zona. L’eremo è tutt’oggi meta di allegri ravers spinti fin là da un incontrovertibile anelito di spiritualità

VILLA FIORI, LA VILLA MALEDETTA
Il paese di Agordo è molto devoto a Claudio Baglioni e non solo perchè il noto cantante da anni vi si reca in villeggiatura. Nel 1983, invitato dalla popolazione atterrita, l'artista tenne un concerto nel cortile di Villa Fiori, grazioso stabile in stile liberty  infestato dagli spiriti. Baglioni limitò la sua performance ad un paio di brani fra cui Amore Bello, sufficienti però ad allontanare i terrifici ectoplasmi.

IL MAZZAROL
Il MAZZAROL è una mitica creatura simile ad un hobbit. Secondo la leggenda chi disgraziatamente calpesta le sue tracce sarà costretto a seguirlo per sempre. Checco Pavei da Mel una sera di maggio uscì di casa per comprare le sigarette e sparì per tre settimane a far bisboccia con gli amici. Al suo ritorno si giustificò con l'adirata moglie dicendo che aveva inavvertitamente pestato le orme del subdolo nanetto.

Un tipico esemplare di Mazzarol.

mercoledì 2 febbraio 2011

Amore, cavalli e Lexotan a Piazza di Siena


Quel giorno a Piazza di Siena il tenente delle fiamme gialle Stefano Scaccabarozzi montava Seabiscuit OM, un castrone baio di 7 anni appartenente alla gloriosa scuderia della marchesa Marina De Ausbergis in Latorre. Lo Scaccabarozzi confidava su una monta agile nelle gabbie e nei verticali su fosso, ma oibò tristemente nota per un'avversione genetica alle riviere.


Fra i partenti, oltre al già citato Scaccabarozzi, Hans Günter Winkler, feldmaresciallo della Lutwaffe su Sweety Stukas. William Steinkraus sergentemaggiore della Guardia Nazionale Statunitense a domare i garretti di Wayne Eden, bizzoso appaloosa tendente all'impunto. Abū Firās al-Hamdānī capitano delle reali truppe cammellate di sua Altezza Solare Hailé Selassié su Farouk, dromedario del Gobi di 8 anni.
François de La Guérinière moschettiere scelto del Regiment de Haute Montagne di Chamonix su Avalanche. Il fortissimo olandese Anky van Grunsven su Coffee Shop, per finire con la fascinosa amazzone scozzese Mary Mountbatten-Windsor in sella a Luscious Intimity. La bella Mary, impeccabile nel suo completino beige in tweed su plastron bianco e frustino in tinta, da anni turbava i sogni del nostro Scaccabarozzi. 

Scaccabarozzi vide per la prima volta la Mountbatten-Windsor al gran Galà ippico di Gstaad. Ne fu subito rapito. Ammirò quella bionda puledra montare con grazia uno stallone arabo di 5 anni chiamato Gheddafi. I seni arroganti protesi avanti a fendere il vento. Cercò di avvicinarla al ricevimento che seguì, ma già Anky van Grunsven, aveva ottenuto le attenzioni di Mary in cambio di un joint di pregiata Skunk. Nelle competizioni, così come nella vita, il dannato olandese riusciva sempre a batterlo di un'incollatura.

La notte prima della gara Scaccabarozzi sognò. Lui e Mary cavalcavano su una spiaggia al tramonto. Le criniere dei destrieri si sfioravano così come i loro sguardi. Erano felici. Ma all'improvviso dalle acque ecco emergere, novello tritone, Anky van Grunsven in sella ad un bianco unicorno, le nudità oscenamente esposte. Lesto ghermisce la bella Mary e scompare, ghignando, nel sole morente. Si svegliò in un lago di sudore. Il cuore impazzito batteva come un Connemara al galoppo. Senza accendere la luce trovò a tastoni la scatola del Lexotan sul comodino. Ingollò tre pasticche accompagnandole con una robusta sorsata di Vecchia Romagna. Lentamente sentì la benzodiazepina fare effetto e si riaddormentò. Era il giorno della gara.

Il concorso inizia drammaticamente. Wayne Eden, il bizzoso appaloosa montato dallo statunitense William Steinkraus, al secondo oxer disarciona il suo cavaliere e, dopo aver scavallato le transenne, semina il panico fra gli spettatori. Steinkraus, ferito nell'orgoglio, estrae la colt d'ordinanza e lo fredda seduta stante. L'agonia della bestia ispirò l'opera "Cavallo Morente" di Francesco Messina, simbolo della Rai. A seguire una scialba prestazione del francese de La Guérinière che, dopo una prima fase condotta a buon ritmo e senza errori, incappa in un duplice errore alla triplice gabbia chiudendo con un mediocre 1'27'' e 8 di penalità. Attimi di sdegno all'annuncio dello speaker della doppia squalifica del binomio tedesco Winkler/Sweety Stukas, ambedue trovati positivi alla cocaina. 

Anky van Grunsven fu, come al solito un'iradiddio. Percorso netto e tempo da favola.

Ma ecco Scaccabarozzi appropinquarsi allo start.

Seabiscuit Om aggredisce subito il percorso. Gabbia, oxer, triplice, vengono superati in un batter di ciglia. Scaccabarozzi lo guida con mano saggia e sperone leggero. Tutto procede bene ma all’orizzonte si staglia minaccioso il prossimo ostacolo: la temuta riviera. 

Seabiscuit odiava l’acqua da quando, ancora puledro, vide annegare il suo giovane padroncino, il baronetto Fulgenzio De Ausbergis in Latorre, nelle limacciose acque del Brenta. Il nobile rampollo e la promettente monta erano usi a lunghe e piacevoli cavalcate nel parco della villa di famiglia. 
Ah spensieratezza! Ah beata innocenza! Ah fato avverso e crudele! 
Sospinto dalle prime vampate testosteroniche il giovane quel giorno spinse Seabiscuit in una folle corsa lungo l’argine del fiume. Poi uno scarto improvviso, l’impuntata fatale. Orrore! Orrore! Il baronetto disarcionato precipitò nelle gelide acque del fiume caro a Ruzante e ivi trovò la morte. 

Scaccabarozzi strinse le redini e accarezzaò il garrese di Seabiscuit. il cavallo gli fece un impercettibile cenno con la testa. Per una frazione di infinitesimo tra uomo e animale intercorse qualcosa, un legame, un messaggio: "Ce la faremo vez!"

La folla vide il binomio letteralmente volare sopra l'ostacolo d'acqua. Il tempo sembrò fluire al rallentatore. Come un pezzo house a 90 bpm. Nel silenzio della piazza si udì il fruscio del vento accarezzare la criniera di Seabiscuit. L'atterraggio fu lieve ed elegante. Percorso netto. Miglior tempo. Fine della storia, inizio della leggenda.

Scaccabarozzi e Seabiscuit Volano leggiadri sopra la temuta riviera





Scaccabarozzi e Mary cavalcano su una spiaggia al tramonto. Le criniere dei destrieri si sfiorno così come i loro sguardi. Sono felici. A breve distanza la piccola Annette in sella ad un pony di razza Exmoor reclama a gran voce una fetta di torta alla ciliegia. Scaccabarozzi scende di sella e corre ad abbracciare la bellissima figlia. Mentre la stringe a sè ecco balzare fuori dalle acque, fra uno spumeggiar d'onde, Anky van Grunsven. Per un momento il cuore si congela nel suo petto. Ma è solo un attimo. 
Anky sorridente rivolge ampi cenni di saluto. Non è più un rivale, uno spauracchio, una minaccia. L'olandese volante non è più nemmeno un uomo. La sconfitta a Piazza di Siena lo spinse a fare outing e a rivelare al mondo che in realtà lui era una lei. Bandita per sempre dalle competizioni ippiche si rè rifatta una vita come domatrice di cavalli al Circo Medrano. Prepara un vitello tonnato che è la fine del mondo.   


Di Seabiscuit si son perse le tracce. Girano voci che dopo quella gara tornò al pascolo nella tenuta degli Ausbergis in Latorre e che su di lui pose gli occhi, mentre rincasava da una rapina al Casinò di Venezia, Felicetto Maniero gran capo della Mafia del Brenta. Seabiscuit e Faccia d'Angelo divennero inseparabili tant'è che il feroce boss, prima di diventare collaboratore di giustizia, ottenne dalla magistratura che il cavallo fosse custodito insieme all'amata madre in una località segreta sotto falso nome.


La statua bronzea eretta dai cittadini di Campolongo Maggiore in provincia di Venezia in onore di Seabiscuit.





 

martedì 1 febbraio 2011

LE GUERRE DEL VIAGRA

Nel 2074, dopo un lungo periodo di conflitti bellici intergenerazionali meglio conosciuti come le Guerre del Viagra, i vecchi presero il potere. Per 10 anni dominarono il mondo con pugno di ferro annegando nel sangue ogni tentativo di opposizione al loro regime. 

Furono gli sciagurati articoli 42/bis e 42/ter della riforma del sistema pensionistico del 2042 a scatenare il conflitto. D’altronde la riforma si era resa necessaria visto che il rapporto fra popolazione attiva e i truci nonnetti era ormai prossimo ad 1:8. 
Il 42/bis imponeva lo spegnimento biologico ai pensionati raggiunto l’ottantesimo anno di età, Il 42/ter depennava il Viagra dalla lista dei farmaci mutuabili.

Agli arzilli vecchierelli l’idea di essere trasformati in compost per le piantagioni di banane della Delmonte in Sud America, sopraggiunta una certa età, non andò molto a genio. Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu la questione legata al Viagra, unica evasione dal grigiore della vita quotidiana insieme alla “sempre in voga” tombolata settimanale. I decrepiti sacchi di ossa inoltre erano in tanti. Tantissimi. E ben presto si ritrovarono ad essere armati fino alle dentiere.

Rappresentando più del 78% dell’indotto globale, i ribaldi ottuagenari furono subito spalleggiati dalle grandi corporazioni mondiali che fornirono loro femori in titanio rinforzato, valvole cardiache in nomex ad alta tenuta, deambulatori in kevlar dotati di cannoncini 70 mm con proiettili ad uranio impoverito ultraperforanti per corazze leggere. Nacquero così le Squadre Suicide del Fronte di liberazione della Terza Età.

L’eccidio alla discoteca Il Muretto di Jesolo diede il là al conflitto. La sera del 24 Luglio 2044 una squadraccia del Fronte di Liberazione della Terza Età prese d’assedio il famoso locale rivierasco, affollato di giovani alla moda, all’urlo di “Fora i Zoveni dal Veneto”. Fu una strage. In inferiorità numerica e male armati 378 imberbi housers furono in breve sopraffatti e massacrati a colpi di zanetta. 
  
La Prima Guerra del Viagra (2044-2058) raggiunse il suo tragico culmine nell’aprile del’58 quando i Giovani Cattolici, la Sinistra Giovanile, i Bambini di Allāh, i Boy Scouts, gli Angelici Piccoli Cantori dell’abbazia di Westminster, e le Emo Brigades  decisero di sanare antiche diatribe e far fronte comune contro le feroci orde degli attempati aggressori. La battaglia suprema si tenne presso la piana di Zero Branco.

Al suono delle cornamuse suonate dagli Angelici Piccoli Cantori dell’abbazia di Westminster, 47.000 giovani male equipaggiati e fondamentalmente armati solo del loro coraggio si scagliarono contro l’esercito dei pensionati forte di 150.ooo uomini.  HURRA’ JUVENTUS fu il loro ultimo disperato grido di battaglia. Una gragnuola di colpi d’obice da 120 mm pose fine ai loro sogni , alle loro aspirazioni, alle loro vite.

La disfatta dei giovani e la drastica riduzione della forza lavoro gettarono l’economia mondiale in una profonda depressione. Il Fronte di liberazione della Terza Età venne scosso da profondi tumulti intestini. Si crearono fazioni secessioniste come L’African Green Age Congress, l’Unione Socialista Cinese dei Vecchi Saggi, la Mature Brotherhood australiana. Ognuna rivendicava il dominio del mondo.

La Seconda Guerra del Viagra (2060-2073) fu, se possibile, ancor più cruenta della prima. I Canuti Cosacchi di Russia attaccarono l’Africa facendo uso di testate nucleari. Per non essere da meno la Mature Brotherhood australiana irrorò il continente nero di gas nervino, mentre l'Unione Socialista Cinese dei Vecchi Saggi testò (sempre in Africa) una nuova arma laser che ridusse in cenere la foresta pluviale dal Borneo al Sudafrica.

Poi furono gli Stati Uniti, che dai tempi del governo Obama erano ormai diventati uno stato zimbello privo di difese efficaci, a subire un devastante attacco batteriologico da parte degli Australiani. Russi e Cinesi si annientarono vicendevolmete con testate all’idrogeno non prima di aver “normalizzato” gli Australiani con l’aiuto di ordigni al fosforo. Nel 2074 con il Trattato di Boara la guerra ebbe fine.

Il 25 aprile 2074 con l’insediamento del Consiglio dei 12 Gerontocrati, tristemente conosciuti in seguito come “i Puri” , l’Impero dei Vecchi stringe fra le sue artritiche mani i resti fumanti di un pianeta agonizzante. I giovani scampati vengono allevati in fattorie e sfruttati come animali da soma. Dalle loro ghiandole pineali le squadre mediche della Pfizer estraggono la serotonina, componente base del nuovo Evo Viagra.


L'originale Vessillo del Fronte di Liberazione della Terza Età. I colori rosso e verde sono quelli classici di quasi tutte le associazioni di pensionati che già proliferavano verso la fine del ventesimo secolo. Elemento di assoluta novità, che ribadisce l'estrazione "guerrigliera" e militarizzata del Fronte, la silhouette di un AK47 circondato da due minacciose zanette/baionettate.
Seduto nell’oscurità di un tunnel di servizio della vecchia metropolitana, Frangè tramava vendetta. Guidava una brufolosa ciurma di sopravvissuti alle guerre e alle fattorie eugenetiche. Si facevano chiamare gli Adoletosti e, come altre bande di giovani scampati, sopravvivevano furtivi nascondendosi nella sterminata rete di cunicoli dimessi sotto la Grande Città. La loro ghiandola pineale era ancora intatta.

Gli Adoletosti si erano costruiti una reputazione da duri grazie ad una serie di attentati terroristici che fecero scalpore ed irritarono non poco le alte sfere della Gerontocrazia. Alcuni vanno sicuramente citati. L’attacco dinamitardo ai danni della sala Bingo del quartiere Corticella (aprile 2075), dove persero la vita 14 attempate megere impegnate ai tavoli e 11 vegliardi alle prese con i videopoker. 

L’irruzione alla bocciofila di San Egidio (ott. 2075) dove sotto minaccia delle armi confiscarono 18 casse di Caffè  Sport Borghetti gettando nello sconforto assoluto i venerandi astanti. Il raid ai Giardini Margherita del marzo 2075 in cui furono abbattuti decine di piccioni sacri, volatili a cui i vecchiarelli erano estremamente devoti e a cui, seduti su una panchina, erano soliti offrire primizie e granaglie. 

Ma l’atto più audace portato a termine dagli Adoletosti fu il “Sacco di Rete4” (15 gennaio, 2077). Con una rozza antenna satellitare ed un improvvisato trasmettitore riuscirono ad oscurare la 12.482esima puntata del Commissario Rex sostituendola con un singolo frame ritraente un giovane e sorridente Valentino Rossi sormontato dalla scritta “Supergiovane” Molti by pass in fibroplastica non ressero a quella truce visione.

I 12 membri del Consiglio e una ristretta cerchia di alti funzionari erano chiamati “I Puri”. L’appellativo si riferiva al fatto che essi non ostentavano protesi in lega leggera nè esoscheletri in fibra di carbonio. I loro organi non erano sintetici ma totalmente organici. Il solo bizzarro vezzo palesato era un trattamento estetico facciale che li rendeva tutti somiglianti ad un sorridente Gorge Clooney.

I Puri, infatti, potevano permettersi a scadenze annuali, un ciclo di rigenerazione biologica completa in strutture denominate “Le Case dell’Eterno Sorriso”, sorta di cliniche/SPA site in Svizzera, dove equipe di robot-chirurghi trapiantavano nei rugosi corpi organi nuovi di zecca. La materia prima che garantiva loro eterna gagliardezza veniva fornita in abbondanza dai giovani schiavizzati nelle fattorie eugenetiche.

Il Grande Vecchio, leader del consiglio dei 12, quella mattina si alzò di buon umore. Il mondo gli sembrava più vivido attraverso gli occhi di un 14enne. Si sentiva in gran forma. D’altronde nel suo petto batteva il cuore di un 12enne. Orinò in un pitale e si sorprese di quanto potesse essere cristallino il piscio filtrato dalle reni di un 17enne. Ghignando esclamò: “Voglio gli Adoletosti morti prima di stasera!”

Continua...

mercoledì 26 gennaio 2011

AVATAR REVISITED


Un tipico Lerp delle terre del nord. I Lerp delle terre del Nord si differenziano da quelli delle terre dell'Est e del Sud per il diverso tipo di maculatura. Il Lerp dell'Ovest ne è completamente sprovvisto e presenta un'uniforme colorazione azzurrognola.











Sul piccolo pianeta Beluriga, situato nel sistema stellare di Omicron2 Canis Majoris a una manciata di anni luce da Betelgeuse, i piccoli Lerp vivevano da sempre in pace con se stessi e con la natura. Le gioiose creaturine infatti nutrivano il corpo e la mente con l'unica (e rarissima) sostanza vagamente commestibile reperibile sul loro pianeta: la droga.
Ma un infausto giorno una nanosonda inviata dalla potentissima Gilda delle Spezie, in cerca di nuovi pianeti da terraformare ed eventualmente da depredare, individuò il pianeta Beluriga e la ricchezza che si celava sotto le sue dense nubi di protossido di azoto.
Gli ignari Lerp, intanto, si godevano le tiepide radiazioni azzurrognole del loro psichedelico sole, cantando nenie arcane in un mellifluo idioma sconosciuto.

Ai subdoli gerarchi della Gilda, una casta di farmacisti-guerrieri discendenti dalla prima colonia extrasolare della Monsanto, fu subito chiaro che la conquista del remoto Beluriga, viste le proibitive condizioni ambientali, non sarebbe stata cosa facile. Decisero di agire d'astuzia. Serviva un cavallo di troia, un infiltrato, un avatar in grado di raggirare i piccoli Lerp e sottrar loro la droga. Serviva Frangè.
Trovarlo non fu facile. Da anni Frangè, il più abile operatore remoto di organismi artificiali ad interfaccia neuronale della galassia, si era ritirato su Nova Brundisium, un piccolo planetoide acquatico posto ai confini del sistema Tau Ceti IV. Lì aveva intrapreso una proficua attività allevando una particolare varietà di mitili, la cozza pelosa, apprezzatissima sulle tavole di mezzo universo conosciuto.

Sebbene restio ad abbandonare gli amati bivalvi, Frangè accettò la missione.

I termini della delicata operazione erano:

a) scendere su Beluriga,

b) socializzare con gli alieni,

c) testare la droga e, se si fosse rivelata di buona qualità, ottenerne un cospicuo tonnellaggio in cambio di perline colorate e qualche i-pod nano.

Nella malaugurata ipotesi che i nativi avessero opposto resistenza, attenersi automaticamente alla procedura 27/N2: armare e nuclearizzare il pianeta.

L’avatar giaceva in una vasca di arricchimento molecolare in attesa. Appena lo vide, Frangè rantolò un flebile “Aaah”, misto di stupore e preoccupazione. I Lerp infatti erano sostanzialmente delle grosse palle di pelo blu, dotate di corte gambette palmate atte al saltellamento. Non avevano bocca, ma una sorta di proboscide a trombetta con cui si nutrivano e comunicavano fra loro con degli acuti e ritmati “Yep!”


Effettuato il collegamento sinaptico, l’Avatar-Frangè fu inviato su Beluriga per mezzo di una capsula a propulsione ionica modello Singhai-McPerson. L’impatto disintegrò il fragile guscio di fibroplastica e lo lasciò semisvenuto ai margini di una radura. Gli stralunati Lerp uscirono saltellando dagli arbusti e subito si affrettarono a prestar soccorso al compagno piovuto dalle stelle. Frangè aprì un occhio e disse: “Yeep!”

“Yeep! Yep! Yeeep!” risposero all’unisono i Lerp. “Yeeeeeep!” biascicò Frangè.
Dopo una lunga seriè di Yep! apprese che i Lerp erano organizzati in una pacifica comune che aborriva la violenza preferendole il dialogo bipartisan. Amanti della natura, libertari, antiproibizionisti con una marcata visione della laicità dello Stato, credevano però fermamente nei valori della famiglia e non praticavano l’aborto.

In quel corpo dalle proporzioni bizzarre, Frangè faticò a star dietro alla gaia batufolosa ciurma. I Lerp, con una serie di “Yep!Yep!” di incoraggiamento lo spronavano ad avanzare. Fu allora che vide il tempio. Immenso svettava sopra la foresta. Al centro una gigantesca piramide traslucida brillava di una luce violastra nel tramonto cangiante di Beluriga. Varcata la soglia Frangè capì che era giunta l’ora del pasto.

La spezia era li, candida, invitante, impalpabile polvere d’angelo che fluiva sinuosa dal vertice della piramide opalescente ammonticchiandosi sul pavimento in un scintillante monticello..

Appena Frangè sollevò la proboscide/trombetta dalla spezia, tutto il suo essere fu scosso da un brivido di piacere che gli fece rizzare l’azzurra peluria. “YEEEP” esclamò. Ad un secondo e ben più cospicuo assaggio gli sembrò di attraversare le bastionate di Orione cavalcando un fascio di tachioni polarizzati. Poi fu solo gioia. Saltellando sulle zampette palmate si unì agli altri Lerp in un folle inebriante girotondo.

I membri della Gilda iniziarono a insospettirsi. Erano ormai passati mesi dal giorno in cui l’avatar aveva preso contatto con Beluriga ma dal pianeta nessuna segnalazione arrivava riguardo l’esito della missione. I Lerp avevano individuato il clone? Lo avevano catturato? I bioscanner confermavano che Frangè godeva di ottima salute e che i livelli vitali erano al massimo. Il nanerottolo aveva quindi tradito?

Frangè d’altro canto se la spassava alla grande. La spezia (ne teneva sempre un saccocccio a portata di proboscide/trombetta) ormai pervadeva tutto il suo spirito.

La Gilda, la missione, le cozze, erano ormai dei vaghi ricordi che si perdevano nel sogno. La sua umanità lentamente sublimava in una nuova forma di coscienza. Ormai si sentiva in tutto e per tutto un Lerp. E da Lerp sarebbe presto morto.

La squadra d’assalto al soldo della Gilda si affardellò e prese posto su una navetta da sbarco UD4L mod. Cheyenne. La loro dotazione offensiva comprendeva: fucile d'assalto USCM M41-A ad impulsi, elmetto tattico HF M3 con sistema di rilevazione multispettro. 5 cannoncini automatici UA 571-C "Sentry" e 4 testate termonucleari sagomate da 200 Kiloton. La direttiva da perseguire: Snidare e distruggere.

Quel giorno i Lerp si erano radunati sulle rive del grande mare di azoto liquido. Sdraiati sul purpureo arenile si sollazzavano in oziose digressioni sui grandi temi astrali: Dio era juventino? Erano più belle le Arturiane o le Veghiane? Twitter era veramente inutile? Postare a ripetizione su FB articoli pro/contro Berlusconi era passato di moda? Il rock era morto? Fu allora che la prima esplosione scosse Beluriga.

La carica nucleare sagomata vetrificò un’area grande quanto il Canton Ticino. L’onda d’urto seguente vaporizzò all’istante migliaia di Lerp. I superstiti fuggivano saltellando in ogni direzione in preda all’orrore, trasformati in palle di pelo fiammeggianti a causa dello spaventoso calore. Il sergente F. P. Casal ordinò ai capisquadra Ferro e Vasquez di rastrellare il perimetro e di stanare il traditore.

“YEEEEEP!” gridò Frangè convogliando il poco fiato rimastogli nella proboscide/trombetta. Pochi risposero all’appello. Il suo soggiorno su Beluriga stava assumendo un risvolto inaspettatamente rivoltante. Attinse alle ultime scorte di spezia rimaste nel saccoccio. L’unica salvezza era asserraggliarsi nel tempio. Lì c’era la droga, la droga li avrebbe resi più forti. Avrebbero venduto cara la pelle. QUE VIVA BELURIGA!

I Lerp opposero l’ultima feroce resistenza assaltando all’arma bianca le truppe della milizia. “Sergente! Sergente! Spunkmeyer e Drake sono andati! Questi schifosi nanerottoli sono dappertutto! Escono fuori dalle fottute pareti. Aarghhhh” “Parlami Hicks! Parlami!. Aaahrgh” “Hijos de puta! Mi mancavano solo due settimane al congedo! Aargh!” Una seconda carica sagomata fiaccò però la loro resistenza. Frangè, sotto la grande piramide, attendeva trincerato dietro una montagnola di nivea spezia.

Il Sergente F.P. Casal, liberatosi con una sonora pedata di un Lerp morente che gli si era avvinghiato al polpaccio,  si fece largo nella piramide.
“Caccia la droga e consegnati senza opporre resistenza!”disse. Frangè alzò la tonda faccetta dalla duna di candida droga. Gli occhietti feroci iniettati di sangue. “YEEP! (como me tiene!)” ringhio! Ed imbracciato un mitra Kapustin JK47 di fabbricazione Rigeliana iniziò a sparare. “YEP! YEP! YEEEP! (non mi avrete mai fascisti bastardi!) esclamò, mentre lacrime opalescenti gli rigavano il cianotico pelo.
Frangè cadde crivellato dai colpi della milizia. Ma prima di rendere l’anima al dio dei Lerp ebbe la forza di sparare un ultimo colpo che colpì una delle Giberne del sergente Casal facendo detonare contemporaneamente le ultime due cariche termonucleari. L’immane esplosione diede il colpo di grazia al morente Beluriga che in un ultimo sussulto esplose spargendo in tutta la galassia i suoi polverosi misteri.

EPILOGO. La grande balzonave della Gilda delle Spezie viaggiava sorniona nelle profondità dell’iperspazio diretta verso casa. Tutto l’equipaggio giaceva in criosonno nelle capsule amniotiche a gravità zero. In una di queste c’erano anche le spoglie umane di Frangè. Ci fu un semplice BIP!, seguito da un leggero ronzio. Frangè aprì un occhio. La sua direttiva primaria: VENDETTA! Ma questa è un’altra storia. END.


venerdì 21 gennaio 2011

IL GENERALE OTTAVIO MARTINET FULGIDO ESEMPIO DI INCORROTTE VIRTU' ALPINE.




Scaraventato sulla cima del M.te Paterno da una scarica di austriaco obice, il Generale Martinet spronava le attonite truppe all'urlo di "Più salgo, più valgo!"


Circondato dal nemico, il Gen. Martinet, sventolando una foto dell'avvenente cugina, disse alla truppa spaventata: "Forsa e corajo che la mona la gha el tajo"!


Precipitato da un'alta cengia da una raffica di mitraglia, il Gen Martinet così imprecava all'aere avverso: "Ne discender, nè indugiar! Bisogna sempre avanzar!"


Il Generale Martinet, brandendo un fiasco di clinto, così scherniva l'austroungarico opponente: "Chi trinca bira campa cent'anni. Chi beve vin no more mai!"


Dopo 6 mesi di durissimi appostamenti sulle trincee della Marmolada, così il Generale Martinet imprecò per la cronica carenza di vettovagliamenti, coperte e calore umano: "Dio Canarin! Ghe voria na bela tosa per ogni alpin!"


Sulle sponde del Piave, Il generale Martinet, benchè segato in 2 da una granata nemica, sollevata la spada esalò l'ultimo respiro urlando: "Avanti fioi che semo alpin!"