giovedì 10 marzo 2011

La sbranattola velenosa e il fanculino di montagna. Manifestazioni oniriche del risentimento dell'umanità nei miei confronti.

Faccio un sogno. Sogno Anna. Siamo in montagna, sulle Dolomiti. Percorriamo uno stretto sentiero in salita. Alla nostra sinistra si erge una poderosa bastionata di roccia, altissima, leggermente strapiombante, tanto che sembra innalzarsi all’infinito sopra le nostre teste. A destra la parete prosegue in un profondo dirupo che precipita a valle per centinaia di metri. In fondo si intravede un laghetto sulle cui acque si riflette la luce del sole. Visto da qua sembra una pozza di mercurio liquido. Mi sembra anche di scorgere delle vacche al pascolo anche se non sembrano propriamente delle vacche. E’ una bella giornata di settembre, limpida, cristallina. Il cielo è così terso che a nord si possono vedere le cime innevate del Großglockner in Carinzia. L’aria è frizzante e pizzica leggermente le narici. Anna cammina davanti a me con passo costante e deciso. Ogni tanto si ferma e beve un sorso d’acqua dalla borraccia della Petzl che ha fissato con un cordino allo spallaccio dello zaino. Vista da dietro sembra ancora più bella. Ne ammiro il fisico perfetto, il sedere tornito e le lunghe gambe atletiche.
Da parte mia non mi sento in gran forma. Sono stanco e fatico a tenerle dietro. Vorrei raggiungerla, toccarla, ma per quanto mi impegni non riesco a colmare lo svantaggio. Improvvisamente una raffica di aria gelida spazza il sentiero facendo sollevare la polvere di dolomia. Un brivido di terrore si scarica lungo la spina dorsale.
“Lo sai cos’era?” Dice lei senza voltarsi.
“Cosa?”
“Era un fanculino di montagna. Sono molto rari sai? O forse no. Nessuno ne ha mai visto uno in realtà. Sono troppo veloci. Si può solo intravedere una scia, percepire lo spostamento d’aria che si crea al loro passaggio.”
“Anna, di che cazzo stai parlando?”
“Sono buoni o almeno si presume che lo siano. Te lo ripeto nessuno è mai riuscito a vederne uno. Sono assurdamente veloci. Dei fanculrazzi.”
“Anna Fermati ti prego! Sono morto e mi sembra di avere due tombini attaccati alle suole delle scarpe.”
“Non possiamo fermarci. Non adesso e non qui. E’ pericoloso. Se quello era un fanculino vuol dire che ci sono anche le sbranattole. Le sbranatole vanno pazze per i fanculini di montagna. E quelle non sono buone. Nossignore quelle sono cattivissime e in più sono anche velenose”
“Anna porcaputtana, piantala di delirare e fermati! Sto a pezzi!”
“No amore mio non possiamo, a meno che tu non voglia essere… sbranato da una sbranattola.”
A questo punto Anna si ferma un attimo ed emette una risata che non potrei definire in altro modo se non… siderale, aliena. Inizio ad avere un po' di paura.
“Amore mio bello non possiamo assolutamente fermarci qui. Dobbiamo andare avanti. Dobbiamo
arrivare lassù” E indica con il dito una remota guglia che sembra essere sbucata assolutamente dal nulla.
E’ tutto così strano. Il cielo blu cobalto sembra finto. Un fondale dipinto. Sento una specie di pigolio provenire dal fondo dela valle.
“Corri amore corri! Stanno arrivando. Le sbranattole ci hanno sentito. Sono affamate. Sono sempre affamate. Corri amore corri che sennò ti mangiano.”
Adesso ho veramente paura. Terrore allo stato puro. C’è qualcosa di totalmente sbagliato qui. Anna odia la montagna. Odia camminare e non capisce assolutamente niente di fauna alpina. Questo posto non è reale e il cielo è fintissimo.
“Anna mi stai spaventando. Dico sul serio cazzo. Fermati un attimo. Fermati ti prego. Noi non dovremmo essere qua. Questo è solo un sogno bizzarro”.
E finalmente Anna si ferma e si gira verso di me. La prima cosa che vedo sono le zanne, incredibilmente lunghe e giallastre, che le fuoriescono da una specie di bocca che potrebbe essere meglio definita come un enorme buco di culo dentato.
Anna ride ancora e mentre ride spalanca le orrende fauci dalle quali cola una bava color mestruo.
“Amore mio bello, questo non è un sogno. Questo è il mondo reale. Finalmente sei tornato fra noi. Hai passato troppo tempo in quella specie di simulazione virtuale che chiami vita. Fuga dalla realtà. Un classico per le merde come te sfuggire alle proprie responsabilità nascondendosi nella tana del bianconiglio. Ma ora sei tornato a casa. Finalmente si mangia, stronzo!”
Anna si avventa su di me e mi assesta un poderoso calcio nelle palle che mi solleva da terra e mi scaglia oltre il sentiero. Oltre il sentiero c’è il nulla. Cado per metri, centinaia di metri, forse qualche chilometro e mi schianto in fondo al burrone. Non si capisce il perché di tutto questo ma non sono morto. Il laghetto è veramente una pozza di ribollente mercurio liquido e le vacche non sono delle vacche. Capisco finalmente come è fatta una sbranattola. Ha i denti di metallo e puzza.

Nessun commento:

Posta un commento